In questi giorni di fine 2023 ho visitato la prima mostra dedicata al maestro Concetto Pozzati dopo la sua scomparsa nel 2107.
Il titolo dell’esposizione è “Concetto Pozzati XXL” ed è stata egregiamente realizzata dalla figlia Maura, nelle sale di Palazzo Fava a Bologna, dal 27 ottobre 2023 all’11 febbraio 2024.
Ho attraversato, una per una, le sei zone allestite nel Piano Nobile dello storico palazzo, oltre alle stanze della Galleria, ho potuto godermi la vista di moltissime opere, alcune inedite, provenienti dall’archivio del Maestro, ho ascoltato la sua storia dalle sue stesse parole, nel video che il pubblico può visionare al termine del percorso di visita alla mostra.
L’antologica spazia dalle opere giovanili degli anni Sessanta e Settanta del Novecento, dove la Pop Art si respira a grandi afflati, fino agli ultimi lavori comprendendo tutti i suoi maggiori cicli creativi.
Ho voluto visitare la mostra perchè ho un ricordo “flash” giovanile di Concetto Pozzati che desidero raccontare:
conobbi l’artista alla fine del lontano 1995, in occasione di un’intervista per un giornale d’arte modenese su cui scrivevo.
Ero una giovane studiosa, all’epoca ancora poco esperta sul mondo dell’arte ma mi affacciavo con grande entusiasmo alla scoperta dei grandi maestri bolognesi che pullulavano nell’ambiente storico e moderno degli anni in cui iniziavo il mio percorso esplorativo nell’arte bolognese che aveva fatto la storia della città anche in giro per il mondo (come i Carracci o come Giorgio Morandi, i suoi allievi, i suoi critici, gli intellettuali come Francesco Arcangeli o tutti gli artisti di “Cronache” e della scuola dell'”INFORMEL“, da Ilario Rossi, a Ciangottini, da Manaresi alla Mascellani, da Pompilio Mandelli a Bruno Saetti e Aldo Borgonzoni.
Ma il capoluogo emiliano aveva sfornato anche una grande scuola di maestri cartellonisti e pubblicitari nel periodo d’oro del Novecento: erano i fratelli Pozzati, Mario e Severo (in arte Sepo) e proprio grazie alla mia frequentazione in ambiente artistico con vecchi intellettuali, oggi ormai tutti scomparsi come il coltissimo Tullio Vietri, alcuni anche un po’ discussi per il loro carattere scorbutico come Enzo Rossi Roiss, ma da cui appresi mille notizie su come gira la realtà nel mondo dell’arte, venni a conoscenza di tanti personaggi di grande caratura che alimentavano la cultura e l’arte bolognese ma di cui non avevo ricevuto nessuna nozione nel ristretto ambiente universitario da cui provenivo dopo i miei studi in storia dell’arte.
Del resto si sa, all’Alma Mater bolognese, la più antica Università del mondo, si studia la storia dell’arte d’eccellenza ma bisogna anche ricordare che i celeberrimi Carracci, con la loro Accademia Clementina, oggi prestigiosa Accademia di Belle Arti di Bologna, non erano poi così noti universalmente nei tempi passati.
Ad ogni modo in questo mio frenetico vagare alla ricerca di artisti di spessore, in ambito bolognese, da intervistare per la rivista con cui collaboravo al mio primo incarico lavorativo, volendo dare il meglio di me decisi di farmi suggerire il nome un pittore contemporaneo, vivente e attivo in città ma che fosse abbastanza noto da segnalarlo nel mio articolo; mi fu suggerito il “rampollo” dei Pozzati, il maestro Concetto, figlio di Mario e nipote di Sepo.
Appena entrai nel suo grande studio per intervistarlo ebbi subito una forte sensazione di trovarmi immersa in un mondo di pura fantasia tra mille barattoli di colori, pennelli, grandi tele e materiali tra i più svariati che l’artista utilizzava per la preparazione delle sue opere.
Ma soprattutto l’atmosfera di grande serenità che emanava quell’ambiente dove si percepiva l’amore per l’arte, la passione quello che si realizzava lì dentro.
Percepii anche che la sua pacatezza e gentilezza nei confronti di una giovane alle prime armi(quale io ero) a cui aveva deciso di concedere un po’ del proprio tempo per abbeverarla alla fonte della conoscenza artistica.
In fondo con i giovani ci vuole pazienza e ricordo che quel giorno Pozzati con me ne ebbe abbastanza per rispondere a tutte le domande che gli posi tra cui una in particolare che riguardava cosa ne pensasse dell’arte e la tecnologia dei computer che all’epoca (1995) in Italia era ancora una sorta di novità, non ben inquadrabile nel campo artistico.
La sua risposta fu questa: “ Di solito cerco di evitare il più possibile l’uso di elementi o materiali tecnologici: la pittura tradizionale è una corteccia dura da scalfire ed è proprio nel momento finale di realizzazione di un’opera d’arte che il suo creatore ama l’opera stessa; secondo me la pittura virtuale, soltanto visiva, non durevole, può essere considerata niente più che uno strumento. ” *
Beh bisogna dire che oggi, a distanza di tanti anni, l’arte virtuale sta sviluppando le sue tecnologie in maniera esponenziale e sta di fatto che l’innovazione dell’Intelligenza Artificiale seppure sia appena nata è già in piena attività.
Speriamo che il pronostico di Concetto Pozzati non venga smentito da ulteriori progressi tecnologici di questa “famigerata” intelligenza artificiale poichè si nota già che in moltissimi settori, anche di tipo intellettuale ed artistico, sta letteralmente sostituendo l’uomo al punto che persino alcune case editrici che oggi pubblicano libri di testo su varie argomentazioni, stampano in calce la dicitura “Made by Human” per distinguere l’opera letteraria ideata ed eseguita da un essere umano, da quella creata da un dispositivo d’intelligenza artificiale.
Questo ci dovrebbe quanto meno far riflettere un po’.
* Riportato nell’articolo “Concetto Pozzati”, Articolo/Intervista di Anna Rita Delucca, in Contemporart,Rivista di Arte Cultura Informazione turismo, Edizioni Ghirlandina, Nonantola (Mo), Anno XII° N.19/39, gennaio /marzo 1996